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domenica 8 marzo 2015

Il lavoro a chiamata limiti e potenzialità

 
 
Il lavoro a chiamata (job on call), anche detto lavoro intermittente è un rapporto di lavoro di natura subordinata, può essere stipulato a tempo determinato o indeterminato.

Con tale contratto il lavoratore mette a disposizione del datore di lavoro prestazioni di carattere discontinuo o intermittente.

Proprio grazie al suo carattere di flessibilità tale tipologia contrattuale è diffusa soprattutto nei settori del turismo, pubblici esercizi e commercio. Esso può prevedere o meno una indennità di risposta, ossia il soggetto lavoratore può impegnarsi, dietro corresponsione di una indennità a dare la sua disponibilità in caso di chiamata da parte del datore di lavoro, salvo ovviamente casi di grave impedimento.

Il contratto a chiamata può essere stipulato per:
  1. prestazioni per natura propria a carattere discontinuo o intermittente (stand by worker in attesa di richiamata), ad es. commessi, camerieri, personale di cucina, lavoratori dello spettacolo, personale addetto al salvataggio negli stabilimenti balneari, personale addetto all’ inventario di magazzino ecc.
    Non è invece più consentito l’utilizzo di job on call per prestazioni da rendersi il fine settimana, nelle vacanze estive, natalizie, pasquali, salvo espressa previsione del CCNL.
  2. sempre per prestazioni rese da soggetti con più di 55 anni anche pensionati ( è stato aumentato il limite di età in precedenza stabilito in 45 anni);
  3. sempre per prestazioni rese da soggetti con meno di 24 anni ed in tal caso la prestazione deve esaurirsi entro il 25simo anno di età (è stato diminuito il limite di età in precedenza stabilito in 25 anni);
A partire dal 18 Luglio 2012 non è più possibile stipulare contratti a chiamati con soggetti non rispondenti ai vincoli anagrafici suddetti.

Qualora in sede di ispezione venga rilevata la violazione dei requisiti di cui sopra, il regime sanzionatorio prevede che il contratto debba considerarsi nullo per contrasto con norme imperative e lo stesso dovrà intendersi a tempo pieno e indeterminato con effetto retroattivo (ossia fin dalla data della sua costituzione).

Al fine di evitare l’utilizzo improprio di tale tipologia contrattuale che ben si presta a camuffare irregolarità di rapporto, con Legge n. 99 del 2013 è stato posto il limite temporale di 400 giornate di lavoro effettivo nell’arco di tre anni solari prestato a favore di uno stesso datore di lavoro, pena anche in questo la trasformazione del rapporto a tempo pieno e indeterminato.

Uniche esclusioni al limite temporale dei 400 gg nel triennio riguardano il settore turismo, pubblici esercizi e spettacolo.

Il computo dei giorni lavorativi deve essere effettuato a ritroso a partire dal 28 giugno 2013, data di entrata in vigore della norma.


FORMA E CONTENUTO DEL CONTRATTO

Il contratto deve essere redatto in forma scritta e indicare:
  • la durata
  • ipotesi soggettive o oggettive di stipulazione (soggettiveàrequisiti anagrafici; oggettive-à legate al carattere oggettivo di discontinuità della prestazione ad es perché soggetto per causa di forza maggiore a limitazioni temporali)
  • luogo di esecuzione della prestazione e modalità
  • trattamento economico e normativo
  • forme e modalità di richiesta della prestazione (fermo restando cheil preavviso di chiamata non può essere inferiore a 1 gg , la modalità può essere concordata dalle parti in forma scritta: fax, email, raccomandata o orale)
  • tempi e modalità di pagamento della retribuzione e se prevista della indennità, fermo restando per quest’ultima che essa non può essere inferiore nella misura del 20% della retribuzione prevista dai CCNL di riferimento. Da rilevare inoltre che il compenso dovuto in termini di indennità non è computato ai fini del calcolo del TFR, tredicesima e quattordicesima.
Insita nelle caratteristiche del rapporto di lavoro a chiamata è la Cumulabilità con altri contratti di lavoro, nel rispetto ovviamente dei doveri di fedeltà (riservatezza e non concorrenza) e dei limiti di orario previsti dalla normativa.

DIVIETI

In analogia a quanto previsto per i contratti a tempo determinato, vige il divieto di assunzione con contratto di lavoro intermittente o a chiamata nei seguenti casi:
  • per sostituzione di lavoratori in sciopero;
  • per sostituzione di lavoratori adibiti alle stesse mansioni e licenziati nei 6 mesi precedenti a seguito di licenziamento collettivo, ovvero posti in regime di cassa integrazione a zero ore o parziale, salvo diversi accordi sindacali;
  • per assunzioni c/o imprese che non siano in regola con il DVR (Documento di Valutazione dei Rischi)
Qualora in sede di ispezione venga rilevato uno dei divieti di cui sopra, il regime sanzionatorio prevede che il contratto debba considerarsi nullo per contrasto con norme imperative e lo stesso dovrà intendersi a tempo pieno e indeterminato con effetto retroattivo (ossia fin dalla data della sua costituzione)

TRATTAMENTO ECONOMICO

Il lavoratore intermittente ha diritto ad un trattamento economico non inferiore a quello previsto per altri lavoratori dipendenti di pari livello e analoghe mansioni, in proporzione della prestazione lavorativa effettivamente eseguita.

Sono proporzionalmente ridotti anche i trattamenti per malattia, infortunio, maternità e congedo parentale (dovuti per i soli giorni in cui si sarebbe dovuto prestare servizio nel caso di lavoro a chiamata senza indennità, e anche per i giorni in cui si è data disponibilità nel caso di lavoro a chiamata con indennità di risposta).

EFFETTI PREVIDENZIALI E ASSICURATIVI

Inps

Ai fini previdenziali, i contributi verranno versati in proporzione delle giornate di lavoro effettivamente prestate, con tassazione analoga a quella prevista per i lavoratori dipendenti.
Anche l’eventuale indennità di risposta se prevista viene conteggiata ai fini contributivi
Inail

Il premio è calcolato sia
  • in base alla retribuzione erogata in proporzione al lavoro prestato
  • che alle somme percepite a titolo di indennità di disponibilità ove prevista
In caso di infortunio invece la prestazione sarà erogata
  • solo in base alla retribuzione e dunque al lavoro effettivamente prestato (non conteggiando in tal caso le somme percepite a titolo di indennità).


ADEMPIMENTI AMMINISTRATIVI

Ai fini della regolare assunzione con contratto di lavoro a chiamata, il datore di lavoro deve darne comunicazione al CENTRO PER L’IMPIEGO mediante modello UNILAV.

E’ stato poi istituito con recenti disposizioni Legge Fornero 18 Luglio 2012, un ulteriore obbligo di comunicazione alla Direzione territoriale del lavoro competente specificando nei modi e tempi previsti la data di inizio e la durata della prestazione, secondo la seguente procedura:

Compilazione del modello UNI-INTERMITTENTE corredato da:
  • dati anagrafici identificativi di entrambi le parti contrattuali
  • data di inizio della prestazione
  • data di fine della prestazione
Invio alla DTL competente per territorio, mediante:
per prestazioni a chiamata entro le 12 ore tramite
  • sms al n. 339-9942256 contenente almeno il codice fiscale del lavoratore
Una volta inviata la comunicazione, eventuali rettifiche o annullamenti  possono essere inviati mediante apposite comunicazioni prima dell’inizio della attività lavorativa o se il contratto viene annullato per mancata presentazione del lavoratore, entro 48 ore da quando doveva aver inizio l’attività lavorativa.

La comunicazione al DTL deve essere effettuata prima della prestazione o in un ciclo integrato di prestazioni non superiore a 30 gg

REGIME SANZIONATORIO

Per le imprese che non rispettano l’obbligo della comunicazione al DTL è applicata una sanzione che va da € 400 a € 2.400.
  • La sanzione è applicata per ciascun lavoratore riguardo al quale è stata omessa la dichiarazione.
  • La tardiva comunicazione è equiparata ad omessa comunicazione.
  • La sanzione si applica anche alla chiamata del lavoratore in giorni diversi da quelli in precedenza comunicati, senza che sia stata data comunicazione di rettifica.
Il datore di lavoro al fine di sanare la propria posizione irregolare sarà ammesso esclusivamente al pagamento della sanzione ridotta pari a € 800 (ossia il doppio della sanzione minima prevista e il terzo del tetto massimo).

MAXI SANZIONE PER IL LAVORO SOMMERSO

Il sistema sanzionatorio relativo al “lavoro sommerso” stabilito da € 1950 a €15.600 per ciascun lavoratore irregolare ed € 195 per ciascuna giornata di effettivo lavoro, nel caso di lavoro a chiamata è applicabile solo quando venga omessa la comunicazione UNILAV al Centro per L’impiego.









mercoledì 4 marzo 2015

Appalti responsabilità solidale negli appalti

DECRETO SEMPLIFICAZIONI FISCALI
D.LGS. 175/14
ANALISI DELLE SEMPLIFICAZIONI IN TEMA DI RESPONSABILITA’ SOLIDALE NEGLI APPALTI
 
Ulteriori semplificazioni in tema di responsabilità solidale negli appalti.

Dopo l’eliminazione della responsabilità solidale in tema di IVA, già sancita dal DECRETO FARE nel 2013, al via anche l’abolizione della responsabilità in materia di versamenti delle ritenute IRPEF sui redditi da lavoro dipendente dovute in relazione a prestazioni di appalto o subappalto di opere e servizi.

Nei rapporti con il fisco dunque ognuno è responsabile dei propri debiti.

Con D.Lgs 175/14 in tema di semplificazioni fiscali, viene abrogato l’art. 35, commi da 28 a 28-ter decreto legge 4 luglio 2006 convertito in legge 4 agosto 2006 n. 248, che prevedeva :
  • responsabilità solidale dell’appaltatore con il subappaltatore, nel caso in cui il primo avesse pagato il corrispettivo dovuto per prestazioni del subappaltatore, senza essersi prima accertato tramite richiesta di apposita documentazione (documento di as­severazione ovvero dichiarazione sostitu­tiva resa ai sensi del d.P.R. n.445/00) che questi avesse versato all’Erario le ritenute fiscali sui redditi da lavoro dipendente, la responsabilità era ovviamente limitata alle prestazioni effettuate nell’ambito del rapporto di subappalto;
  • responsabilità anche del committente ,punito con sanzione amministrativa da € 5.000 a € 20.000 nel caso in cui avesse saldato il corrispettivo dovuto all’appaltatore senza essersi preventivamente accertato tramite richiesta di apposita documentazione della regolarità della posizione fiscale sui redditi da lavoro dipendente dell’appaltatore e dei subappaltatori della filiera.
In sintesi dunque abrogazione della responsabilità fiscale solidale sui redditi da lavoro dipendente, sia per l’appaltatore che per il committente.
 
A far data dal 13 Dicembre 2014, data di entrata in vigore del D. Lgs 175/2014 i pagamenti sono svincolati dagli oneri burocratici di cui sopra.
 
Ovviamente rimane aperto, ed è spesso soggetto a diverse interpretazioni giurisprudenziali e dottrinali, il quesito della gestione del regime sanzionatorio da applicare alle violazioni accertate dopo l’abrogazione della norma ma compiute prima della stessa.
 
A tal fine con Circolare della Agenzia delle Entrate 31/E del 30 Dicembre 2014 è stato disposto che:
  • In relazione alla responsabilità del committente si applica il principio del “favor rei” in base al quale, salvo diversa previsione di legge nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che secondo una legge posteriore non costituisce violazione. Se la sanzione è stata già emessa il debito residuo si estingue ma non è ammessa ripetizione di quanto pagato. Quindi la sanzione non verrà applicata per violazioni commesse prima del 13 dicembre 2014 e non ancora definite a quella stessa data, ma in ugual modo non possono essere restituite somme già versate per il pagamento della sanzione.
  • In relazione all’appaltatore non può essere applicato il principio del “favor rei”, la responsabilità solidale in questo caso è valevole per tutte le violazioni compiute fino alla data del 13 Dicembre 2014.
La motivazione di questa diversità di applicazione del principio è che il “favor rei” è applicabile alla fattispecie sanzionatoria (caso del committente), in quanto invece alla responsabilità per l’imposta essa è regolata dal Diritto Civile e come tale assoggettata al principio “tempum regit actum” ossia al principio generale di successione di leggi nel tempo ed in particolare al principio di irretroattività (caso dell’appaltatore).
 
L’abrogazione della responsabilità solidale non è valevole nel caso di estinzione di società, o meglio permane per un periodo di 5 anni dalla richiesta di cancellazione dal registro delle imprese.
 
Il senso di tale proroga è evitare che le imprese spariscano nel nulla appropriandosi delle ritenute dei propri dipendenti.
 
Resta invariata invece la disciplina della responsabilità solidale in materia retributiva e contributiva.
 
Ai sensi dell’art. 29 D. Lgs276/2003 il committente è obbligato in solido con l’appaltatore e i subappaltatori della filiera entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori le retribuzioni comprese le quote TFR e a pagare i relativi contributi previdenziali e premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione dell’appalto.
 
Con l’integrazione del comma 2 è previsto che il committente che effettua il pagamento è tenuto, ove previsto, ad assolvere gli obblighi del sostituto d’imposta ciò significa che deve versare delle imposte dovute da altri soggetti e per questo è autorizzato ad effettuare delle ritenute sugli importi dovuti ai lavoratori.
 
Il committente in caso di rivendicazioni potrà avvalersi del principio di preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore e di eventuali subappaltatori.
 
In sintesi:
  • Il committente è responsabile in solido con gli altri attori della filiera appaltatori e subappalltatori, ma può eccepire il “beneficium excussionis” ossia, nonostante la responsabilità solidale sancita dalla norma il creditore deve rivalersi in prima istanza sul patrimonio del debitore principale e solo in caso di infruttuosa escussione sul patrimonio degli obbligati in solido.
  • In merito invece a quanto sancito dal comma 2 art 29 sul ruolo del committente pagante in qualità di sostituto di imposta, dottrina e giurisprudenza manifestano perplessità sulla applicazione univoca del criterio. Di fatto non appaiono chiare le modalità con cui il principio debba essere applicato. Il committente non ha rapporti diretti con il lavoratore (dipendente dell’appaltatore o addirittura lavoratore autonomo), non ha dunque elementi utili e funzionali per l’effettuazione delle operazioni del sostituto di imposta (conguagli, compensazioni da 730, detrazioni, ecc), oltretutto si trova spesso ad intervenire dopo il termine del periodo di imposta.
    Servirebbe a tal proposito una ulteriore normativa di riferimento a dettaglio delle operazioni da svolgere.
Rimane l’obbligo di richiedere con regolarità il rilascio del DURC in corso di validità.
Scopo di tali provvedimenti in materia di riduzione di responsabilità solidale negli appalti è snellire il processo burocratico e “fare girare” l’economia sboccando i pagamenti.

lunedì 23 febbraio 2015

Le prestazioni di lavoro familiare

 
Argomento assai dibattuto in dottrina e giurisprudenza è quello del corretto inquadramento dei collaboratori familiari che prestano servizio a titolo gratuito o oneroso, occasionale o continuativo nei diversi settori dell’artigianato, agricoltura, commercio.

La disciplina più univoca è stata dettata di recente dal Ministero del Lavoro con Circolare n. 10478 del 10 Giugno 2013 e n. 14184 del 5 Agosto 2013.

Prima di approfondire l’argomento è necessario fornire le definizioni di parentela, come qui riportate:

PARENTI DI PRIMO GRADO
GENITORI E FIGLI
PARENTI DI SECONDO GRADO
NONNI, FRATELLI E SORELLE, NIPOTI  INTESI COME FIGLI DEI FIGLI
PARENTI DI TERZO GRADO
BISNONNI, ZII, NIPOTI INTESI COME FIGLI DEI FRATELLI E DELLE SORELLE
AFFINI
PARENTI DEL CONIUGE
  • SUOCERI (AFFINI DI PRIMO GRADO)
  • NONNI DEL CONIUGE E COGNATO (AFFINI DI SECONDO GRADO)
  • BISNONNI DEL CONIUGE, ZII DEL CONIUGE, NIPOTI INTESI COME FIGLI DEL COGNATO (AFFINI DI TERZO GRADO)




IDENTIFICAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO FAMILIARE

Alla stregua degli altri rapporti di lavoro tra soggetti “emotivamente” liberi da rapporti di parentela diretta o indiretta, anche quello basato da prestazioni rese da un familiare può assumere i connotati di:
  • rapporto di lavoro subordinato
  • Lavoro autonomo

Rapporto di lavoro subordinato

Un familiare può essere inquadrato come lavoratore subordinato, con tutti i diritti e doveri che ne derivano.

E’ chiaro che tale tipologia di rapporto in ambito familiare potrebbe essere in realtà un espediente per assicurare alle parti benefici fiscali e previdenziali.

E’ necessario in sede ispettiva accertare la presenza del vincolo di subordinazione, l’onerosità delle prestazioni ricevute mediante compensi regolari per importo e scadenza, l’adempimento degli obblighi fiscali e contributivi.

Lavoro autonomo
  • Collaborazioni occasionali a titolo gratuito
  • Con carattere di continuità e dietro corrispettivo

    Collaborazioni Occasionali a titolo gratuito
Tale tipologia di collaborazione ha carattere meramente occasionale e fondata sul principio “prestazione resa affectionis vel benevolentiae causa” (prestazioni rese per  spirito di solidarietà e gratitudine).

Le circolari sopramenzionate n. 10478 del 10 Giugno 2013 e n. 14184 del 5 Agosto 2013 definiscono le tipologie di prestazioni familiari di tipo occasionale rese in via gratuita.

TIPOLOGIA DI IMPRESA CHE SI PRESTA ALLA COLLABORAZIONI FAMILIARI DI TIPO GRATUITO:
  1. Impresa individuale;
  2. Libera professione;
  3. Società di persone in cui il socio familiare sia socio di maggioranza o amministratore unico.

TIPOLOGIA DI LAVORATORE FAMILIARE CHE PRESTA ATTIVITA’ GRATUITAMENTE:
  1. prestazioni rese da familiare pensionato (percepiente pensione di invalidità, vecchiaia o anzianità);
  2. prestazioni rese da familiare con contratto di lavoro subordinato full time c/o altra impresa;
  3. prestazione fornite nell’ambito della impresa familiare nel rispetto del vincolo temporale di 90 ggo 720 ore nell’anno solare.

Ai fini previdenziali e assicurativi:
  • INPS: Se trattasi di mere prestazioni occasionali, nel rispetto del limite temporale dei 90 gg/anno o 720 ore/anno non è richiesta l’iscrizione alla gestione separata dell’Inps
  • INAIL: Ai fini INAIL per le collaborazioni familiari a titolo gratuito l’iscrizione non è dovuta solo se la prestazione non viene erogata più di una/due volte nell’arco dello stesso mese e comunque non più di 10 gg l’anno.
  • Ai fini degli obblighi in materia di sicurezza, la normativa è interamente applicabile anche ai collaboratori familiari occasionali a titolo gratuito. A tal proposito è solo stata prevista una semplificazione degli adempimenti dovuti.

Collaborazioni continuative: Lavoro autonomo retribuito

Superato il limite temporale di 90 gg o 720 ore nell’anno solare, si presume che l’attività non sia più occasionale e gratuita e si rientra nella fattispecie di lavoro autonomo.

In tal caso

Ai fini previdenziali e assicurativi
  • INPS: E’ richiesta l’iscrizione alla gestione separata dell’Inps
  • INAIL: E’ dovuto il premio contro gli infortuni sul lavoro
  • Ai fini degli obblighi in materia di sicurezza, la normativa è interamente applicabile
Chiaramente al di la di queste tipologie di rapporto, tra le parti può concordarsi ogni diversa regolazione del rapporto lavorativo tra quelli vigenti nel ns. ordinamento (lavoro a progetto, lavoro accessorio, a chiamata ecc.)

ALTRE TIPOGIE DI RAPPORTO DI LAVORO FAMILIARE

Oltre alle tipologie di rapporto di lavoro familiare summenzionate, covo spesso di irregolarità ed elaborate attività ispettive per garantire il rispetto delle leggi, il nostro ordinamento prevede altre forme di gestione dei rapporti di lavoro familiare, che valorizzano maggiormente l’attività di sostegno all’impresa del familiare e un più diretto coinvolgimento alle sorti della stessa:
  • L’impresa familiare
  • L’associazione in partecipazione familiare
Impresa familiare

L’istituto dell’Impresa familiare riceve per la prima volta tutela nel 1975 con la riforma del diritto di famiglia del e l’introduzione dell’art 230 bis del cc., grazie alla quale viene superata la presunzione di gratuità ossia di “prestazione resa affectionis vel benevolentiae causa” (prestazioni rese per spirito di solidarietà e gratitudine) delle prestazioni lavorative svolte dai familiari in casa o nell’azienda del capofamiglia.

L’ impresa familiare è una particolare forma di impresa individuale.
In essa collaborano oltre al titolare, uno o più familiari: il coniuge, parenti entro il terzo grado, affini entro il secondo grado.

Deve avere carattere di continuità ed essere esercitata in maniera prevalente rispetto ad altre attività
L’esercizio della impresa familiare non è dunque conciliabile con altra attività di lavoro autonomo con carattere di continuità o dipendente a tempo pieno.

E’ invece conciliabile con la figura del pensionato.

In cambio della loro prestazione i familiari che partecipano all’impresa acquisiscono diritti economici e decisionali:
  • Diritto al mantenimento
  • Diritto alla partecipazione agli utili
  • Diritti decisionali
  • Diritti di prelazione in caso di cessazione della attività
Nella distribuzione degli utili al titolare spetta almeno il 51%.
L’impresa familiare ai fini normativi, al di là dei diritti attribuiti ai familiari è disciplinata come impresa individuale

Il rischio di impresa rimane ad esclusivo carico del titolare che risponde con tutto il suo patrimonio personale.

ASSOCIAZIONI IN PARTECIPAZIONE CON FAMILIARI

Altro istituto diffuso per regolare i rapporti lavorativi familiari è l’Associazione in partecipazione (istituito per regolare rapporti tra soggetti non vincolati da vincoli parentali, ma che ben si adatta a questa estensione)

Esso è regolato dall’art. 2549 e seguenti del c.c.

Si tratta di un contratto tra l’associante (l’imprenditore) e gli associati (uno o più lavoratori) che prestano la propria attività lavorativa o non (possono ad esempio fornire strumentazione o capitale), ricevendo quale compenso la partecipazione agli utili.

L’associato dunque si assume insieme all’associante il rischio di impresa, partecipando oltre agli utili anche alle perdite, salvo diversi accordi.

La dottrina e la giurisprudenza sembrano essere molto favorevoli all’utilizzo di tale istituto per regolare i rapporti di lavoro familiare.

A dimostrazione di ciò alle associazioni in partecipazione familiari non si applica il limite di n° 3 associanti imposto dalla legge, onde evitare il ricorso a tale istituto per nascondere forme di lavoro subordinato senza assumersi invece gli oneri a carico dell’imprenditore nella gestione di un vero rapporto di lavoro dipendente.

Nelle comuni associazioni in partecipazione (escluse dunque quelle di tipo familiare), al superamento del limite di n° 3 associati il rapporto viene considerato ex legge rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

E’ chiaro che la gestione dei rapporti di lavoro familiare è spesso covo di nascondigli adottati per camuffare irregolarità più o meno gravi  quali a titolo di esempio “lavoro nero” o irregolarità sul fronte dell’inquadramento contrattuale per poter usufruire di prestazioni previdenziali fasulle ecc.

E’ dunque sicuramente arduo il compito degli ispettori che sono chiamati a verificare la sussistenza di tutti i requisiti per un corretto inquadramento contrattuale.













venerdì 20 febbraio 2015

AGEVOLAZIONI FISCALI E CONTRIBUTIVE PER L’ASSUNZIONE DI DETENUTI E INTERNATI

 
Il tema delle agevolazioni relative alle assunzioni di soggetti detenuti ed internati già normato da Decreto Smuraglia legge 193-2000 è stato di recente revisionato con D.M. 148-2014.
Il nuovo decreto prevede la concessione di un credito di imposta e importanti sgravi contributivi alle imprese (aziende pubbliche e private, cooperative sociali) che assumono lavoratori detenuti, internati e semiliberi.
Per accedere a tali benefici l’assunzione deve avere una durata minima di 30 giorni.

LAVORATORI
 DETENUTI O INTERNATI

 EX DEGENTI DI OSPEDALI  
 PSICHIATRICI
 CONDANNATI O INTERNATI AMMESSI  AL LAVORO ESTERNO O IN REGIME DI
 SEMILIBERTA’


DATORE DI LAVORO
AZIENDE PRIVATE

AZIENDE PUBBLICHE
COOPERATIVE SOCIALI


TIPOLOGIA DI CONTRATTO
CONTRATTO DI LAVORO SUBORDINATO ANCHE PART TIME DI DURATA NON INFERIORE A 30 GG


TRATTAMENTO RETRIBUTIVO
  • NON INFERIORE AI 2/3 DI QUANTO PREVISTO DAI CONTRATTI COLLETTIVI DEL LAVORO. IL RESTANTE 1/3 POTRA’ ESSERE UTILIZZATO PER SCOPI RISARCITORI AD ES. PER SPESE PROCESSUALI, RIMBORSI DANNI, RIMBORSO SPESE V/S STATO PER MANTENIMENTO, ECC.
  • NON E’ PREVISTA TREDICESIMA E QUATTORDICESIMA
  • SONO GARANTITE LE PRESTAZIONI A SOSTEGNO DEL REDDITO FAMILIARE-ASSEGNI FAMILIARI


IL CREDITO D’IMPOSTA
L’ entità del credito di imposta varia in base alla condizione del lavoratore, come da tabella seguente:


DETENUTI O INTERNATI (ANCHE AMMESSI AL LAVORO ESTERNO)FINO A €/MESE 700,00 PER IL 2013 (DA CALCOLARE IN PROPORZIONE DELLE EFFETTIVE GIORNATE DI LAVORO)

FINO A €/MESE 520,00 A PARTIRE DAL 2014 (DA CALCOLARE IN PROPORZIONE DELLE EFFETTIVE GIORNATE DI LAVORO)


DETENUTI IN SEMILIBERTA’ O INTERNATI IN SEMILIBERTA’FINO A €/MESE 350,00 PER IL 2013 (DA CALCOLARE IN PROPORZIONE DELLE EFFETTIVE GIORNATE DI LAVORO)

FINO A €/MESE 300,00 A PARTIRE DAL 2014 (DA CALCOLARE IN PROPORZIONE DELLE EFFETTIVE GIORNATE DI LAVORO)


Tale credito di imposta spetta anche a:
  • imprese che svolgono attività formativa nei confronti di detenuti o internati o di detenuti o internati ammessi alla semilibertà, a patto che tale attività sia finalizzata alla immediata assunzione dei detenuti o internati formati per un periodo minimo corrispondente al triplo del periodo di formazione
  • imprese che svolgono attività di formazione mirata a fornire professionalità ai detenuti o agli internati da impiegare in attività lavorative gestite in proprio dall’Amministrazione penitenziaria
Il credito d’imposta previsto dal Decreto non concorre alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione, nel modello F24.


SGRAVI CONTRIBUTIVI

Sono inoltre previste agevolazioni ai fini previdenziali e assistenziali.

Le aliquote dovute all’INPS in relazione alle retribuzioni corrisposte a soggetti detenuti e internati, ex detenuti degli ospedali psichiatrici, condannati e internarti ammessi al lavoro esterno, sono ridotte nella misura del 95% a partire dal 2013.

Sia il Credito di imposta che gli sgravi contributivi sono inoltre riconosciuti anche nel periodo successivo alla scarcerazione, come da schema seguente:

LAVORATORI EX DETENUTI O INTERNATI CHE HANNO USUFRUITO DELLA SEMILIBERTA’ O AMMESSI AL LAVORO ESTERNO
18 MESI SUCCESSIVI ALLA CESSAZIONE DELLO STATO DETENTIVO (PURCHE’ IL RAPPORTO DI LAVORO SIA INIZIATO DURANTE IL PERIODO DI DETENZIONE)


LAVORATORI EX DETENUTI O INTERNATI CHE NON HANNO USUFRUITO DELLA SEMILIBERTA’ O AMMESSI AL LAVORO ESTERNO
24 MESI SUCCESSIVI ALLA CESSAZIONE DELLO STATO DETENTIVO (PURCHE’ IL RAPPORTO DI LAVORO SIA INIZIATO DURANTE IL PERIODO DI DETENZIONE)


Per usufruire di dette agevolazioni è necessaria la stipula di apposite convenzioni tra le aziende e gli amministrazioni penitenziarie che prevedano:
  • l’oggetto della attività lavorativa
  • le modalità di svolgimento
  • formazione e trattamento retributivo
Le aziende devono dunque presentare copia della convenzione stipulata e copia della dichiarazione di assunzione alla sede INPS competente.

giovedì 21 marzo 2013

Colf e badanti: nuovi importi contributivi.


Colf e badanti: nuovi importi contributivi.

Dall’inizio dell’anno 2013 sono cambiate le quote orarie dei contributi INPS per colf e badanti ed essi sono diversi in base al tipo di contratto stipulato. Infatti, se il contratto è a tempo indeterminato, i contributi risultano essere inferiori rispetto al 2012; mentre, se il contratto è a tempo determinato vi è un contributo aggiuntivo e di conseguenza il valore orario sarà più alto.

La circolare INPS N. 25/2013 ha spiegato che tutto ciò è la conseguenza dell’introduzione della riforma Fornero dell’Aspi  che è andata a sostituire l’assicurazione contro la disoccupazione introducendo appunto due aliquote contributive:

-  1,31% della retribuzione come valore ordinario;
-   1,40% come contributo addizionale che si abbatte solo sui rapporti a termine.

E’ però importante ricordare che il contributo addizionale non deve essere versato se la colf è stata assunta a tempo determinato in sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto.

Se vi sono rapporti di lavoro domestico a tempo determinato ancora attivi alla data del 1° Gennaio 2013, il contributo addizionale verrà calcolato direttamente dall’INPS al momento dell’invio del MAV. Ancora, l’INPS, nel caso in cui il contratto venga trasformato da tempo determinato in tempo indeterminato, restituirà al datore di lavoro gli ultimi sei mesi di versamento del contributo addizionale; allo stesso modo, se in seguito alla cessazione del rapporto per scadenza del termine il datore riassume il lavoratore entro sei mesi dalla cessazione, l’ente restituirà lo stesso importo.

Il datore di lavoro che, in base ai requisiti richiesti, avrà diritto a tale rimborso, dovrà presentare la domanda in via telematica attraverso uno dei seguenti canali: web - servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino tramite Pin attraverso il portale INPS; call-center - numero gratuito 803164 da rete fissa e 06164164 da telefono cellulare con tariffazione stabilita dal proprio gestore; intermediari dell'INPS - attraverso i servizi telematici offerti agli stessi.

Inoltre l’Inps ne approfitta per sottolineare che il contributo introdotto chiesto dall’Aspi nel caso di licenziamento del dipendente non è dovuto per i rapporti di lavoro domestico.

Le nuove fasce di retribuzione e dei contributi sono indicate nelle apposite tabelle. Vi sono valori orari più bassi che sono previsti solo per i lavoratori che non devono pagare la quota relativa agli assegni familiari.

Tale esclusione riguarda solo il coniuge del datore di lavoro domestico (ma solo se quest'ultimo ha l'indennità di accompagnamento e quindi giustifica la propria dipendenza dall'altro coniuge) e, se conviventi, i parenti e gli affini entro il terzo grado.

 Vale a dire:
A) Parenti:
- primo grado = genitori - figli;
- secondo grado = nonni - nipoti (figli di figli) - fratelli/sorelle;
- terzo grado = bisnonni - nipoti (figli di fratelli) - zii.
B) Affini:
- primo grado = suoceri - figli del coniuge;
- secondo grado = nonni del coniuge - nipoti (figli dei figli del coniuge); cognati;
- terzo grado = bisnonni del coniuge; nipoti (figli dei cognati) - pronipoti (figli dei nipoti del coniuge); zii del coniuge.
Di seguito riportata la tabella dei contributi INPS:



LA DEDUZIONE DEI COSTI AUTO DAL 2013

La Legge di Stabilità per il 2013 ha ridotto la percentuale di rilevanza fiscale (dal 40% al 20%) delle spese di acquisto e di utilizzo dei veicoli, sancendo la sostanziale irrilevanza delle disposizioni contenute nella Legge Fornero (legge n. 92/2012). Ricostruiamo le regole vigenti e proponiamo un ragionamento coordinato con la tematica dei beni concessi in uso ai soci e familiari e del redditometro



Il comma 1 dell'art. 164 del T.U.I.R. propone un concetto di limitata rilevanza dei costi, ove afferma che le spese e gli altri componenti negativi relativi ai mezzi di trasporto a motore indicati nel presente articolo, utilizzati nell'esercizio di imprese, arti e professioni, ai fini della determinazione dei relativi redditi sono deducibili solo se rientranti in una delle fattispecie previste nelle successive lett. a), b) e b-bis) e nei limiti ivi indicati.

La norma non ha natura antielusiva e, per conseguenza, non può essere oggetto di disapplicazione mediante la procedura di cui all'art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973; così si desume dalle Riss. n. 190/E del 2007 e n. 231/E del 2007.

Inoltre, va anche riscontrato che la norma non si occupa di regolamentare la deduzione dei costi relativi ai mezzi di trasporto non a motore (biciclette e velocipedi), ai mezzi di trasporto, anche a motore, che costituiscono beni merce per le imprese (anche se vengono temporaneamente utilizzati per fini dimostrativi, pubblicitari o promozionali), nonché a tutti i veicoli non espressamente indicati dall'art. 164 del T.U.I.R. e richiamati dal Codice della strada, con deduzione vincolata alla presenza della inerenza. In tale ultima categoria rientrano, ad esempio, gli autocarri, vale a dire veicoli destinati al trasporto di cose e delle persone addette all'uso o al trasporto delle cose stesse. In ossequio a quanto sopra affermato, però, la deduzione del costo è ammessa se l'utilizzo è inerente; ad esempio (Ris. n. 244/E del 2002), a parere delle Entrate la stessa difetterebbe nel caso di un notaio che abbia acquistato un autocarro sostenendo di doverlo utilizzare per lo spostamento dei fascicoli dal proprio studio all'archivio notarile.

Al fine di contrastare il fenomeno dei cd. «falsi autocarri», il Legislatore è intervenuto con l'art. 35, comma 11 del D.L. n. 223/2006, che ha trovato pratica attuazione con il Provvedimento del Direttore Agenzia delle entrate del 6 dicembre 2006. La disposizione tende a rendere non totalmente deducibili i costi di acquisto e di impiego relativi a veicoli che risultano da adattamenti che non ne impediscono l'utilizzo per il trasporto privato di persone; in sostanza, dal punto di vista della Motorizzazione ci troviamo dinnanzi ad un autocarro che, tuttavia, sul versante fiscale va trattato come una autovettura. Si sono utilizzati i seguenti parametri di riferimento:

1) codice di carrozzeria;
2) numero di posti;
3) rapporto tra potenza del motore e portata del veicolo.

Quando tutti e tre i parametri indicano la natura di «falso autocarro» del veicolo, il regime fiscale proprio è quello delle autovetture.


Come anticipato sopra, la norma prevede tre distinte categorie di regole, delle quali la prima è dedicata ai costi integralmente deducibili. Infatti, la lett. a) del primo comma consente la deducibilità integrale per le seguenti fattispecie:

- mezzi destinati ad essere utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell'attività propria dell'impresa ed, in particolare:

a) aeromobili da turismo;
b) navi e imbarcazioni da diporto;
c) autovetture ed autocaravan, di cui alle lett. a) e m) del comma 1 dell'art. 54 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285;
d) ciclomotori e motocicli;

- veicoli adibiti ad uso pubblico.

La strumentalità è stata oggetto di approfondimento nelle Circc. n. 48/E del 1998 (paragrafo 2.1.2.1) e n. 1/E del 2007 (paragrafo 17.2.b); la stessa ricorre solo qualora la attività propria dell'impresa non può essere esercitata in assenza dei beni stessi (attività di noleggio; attività di scuola guida; scuole per l'addestramento al volo; scuole per l'addestramento alla navigazione). Diversamente, non sono considerate ad utilizzo esclusivamente strumentale:

- le autovetture di un'impresa commerciale necessarie per visitare i propri clienti (risoluzione n. 59/E del 2007);
- le autovetture messe a disposizione dei collaboratori per lo svolgimento di servizi legati all'attività di mediazione immobiliare (risoluzione n. 50/E del 2002, paragrafo 12).

Meno difficoltosa è l'individuazione del caso dell'uso pubblico; Assonime precisa che sono adibiti ad uso pubblico i veicoli la cui utilizzazione sia in funzione di un servizio pubblico di trasporto e la cui circolazione sia regolamentata dalle specifiche disposizioni di legge, mentre l'Agenzia delle entrate (Circ. n. 48/E del 1998, paragrafo 2.1.2.1) aggiunge che la destinazione a tale uso viene espressamente riconosciuta attraverso un atto proveniente dalla Pubblica amministrazione.

Se il veicolo senza limitazioni è stato acquisito in leasing, la deducibilità (previa inerenza) riguarda ovviamente i canoni, a condizione che il contratto di locazione finanziaria (se stipulato a partire dal 1° gennaio 2008) abbia una durata non inferiore ai due terzi del periodo di ammortamento. Segnaliamo che, a partire dal 29 aprile 2012, la deduzione è assicurata a prescindere dalla durata prevista dal contratto, ma il beneficio fiscale va «spalmato» su un periodo non inferiore ai due terzi del periodo di ammortamento tabellare. Viene dunque ad essere eliminato un requisito di forma, pur restando invariato il riflesso tributario.


La categoria dei veicoli a deducibilità limitata ha una prima sottospecie generale che attiene le imprese; in tale ambito sono intervenute le modifiche della Legge di Stabilità.

Infatti, qui i costi sono deducibili nella misura del 40%, percentuale che, a decorrere dal 1° gennaio 2013, scende al 20%.

La limitazione si applica alle autovetture e autocaravan, di cui alle lett. a) e m) dell'art. 54 del D.Lgs. n. 285 del 1992, ai ciclomotori e motocicli il cui utilizzo è diverso da quello esclusivamente strumentale o da quello pubblico. Oltre alla introduzione di una percentuale di deducibilità limitata per ciascun tipo di costo, la norma prevede inoltre che non si tiene conto della parte del costo di acquisizione che eccede: 18.075,99 euro per le autovetture e gli autocaravan; 4.131,66 euro per i motocicli; 2.065,83 euro per i ciclomotori.

Nel caso di acquisto in leasing, il medesimo limite trova identica applicazione, poiché non si considera l'ammontare dei canoni proporzionalmente corrispondente al costo di detti veicoli che eccede i limiti indicati.
Al riguardo va anche segnalato che la deduzione (pur limitata) dei canoni di leasing era ulteriormente subordinata (per i contratti stipulati nel periodo dal 12 agosto 2006 fino al 28 aprile 2012) al fatto che il contratto fosse di durata pari almeno al periodo di ammortamento tabellare. 

Diversamente, per i contratti di leasing stipulati a partire dal 29 aprile 2012, si consente la deduzione dei canoni su un periodo non inferiore alla durata standard dell'ammortamento, a prescindere dalla durata prevista del contratto, che può essere inferiore o superiore al suddetto limite. Nel caso di veicolo in noleggio, non si considerano i costi di locazione e di noleggio che eccedono: 3.615,20 euro per le autovetture e gli autocaravan; 774,69 euro per i motocicli; 413,17 euro per i ciclomotori.

Nel caso del noleggio «full service», ove sono corrisposte, unitariamente, quote relative all'utilizzo e quote relative a talune spese di manutenzione ed impiego (bollo, assicurazione, manutenzione programmata, interventi ordinari e straordinari, ecc.), l'Amministrazione (si veda la Circ. n. 48/E del 1998, paragrafo 2.1.3.4) ha previsto che il limite massimo deducibile deve essere applicato agli importi corrisposti alla società di noleggio, al netto dei costi delle prestazioni accessorie. In tal senso, si richiede la separata indicazione delle componenti del prezzo sulla fattura o, si ritiene, negli accordi contrattuali. I valori delle tariffe di noleggio debbono essere ovviamente ragguagliati ad anno.

Gli agenti di commercio (così come i promotori finanziari e gli agenti di assicurazione, ai sensi della Circ. n. 48/E del 1998) possono beneficiare di due differenti agevolazioni:

- la deducibilità dei costi è elevata all'80% (percentuale che non varia a decorrere dal 2013);
- il limite di rilevanza del costo di acquisto è elevato a euro 25.822,84.


Gli esercenti arti e professioni deducono i costi delle autovetture in misura identica alle imprese (40% sino al 2012 e 20% dal 2013), ma limitatamente ad un solo veicolo. Se l'attività è svolta da società semplici o da associazioni professionali, la deducibilità è consentita soltanto per un veicolo per ogni socio o associato. 

I limiti relativi al noleggio ed ad leasing, nel caso di esercizio in forma associata della professione, sono riferiti a ciascun socio o associato. Se il veicolo viene acquisito con un contratto di leasing, con un contratto stipulato sino al 28 aprile 2012, la deducibilità (salvi i limiti di valore già esposti per le imprese) è concessa a condizione che la durata del contratto non sia inferiore al periodo di ammortamento standard (quindi 4 anni). Per i contratti stipulati a decorrere dal 29 aprile 2012, invece, la deduzione (sempre rapportata al periodo di ammortamento) è ammessa a prescindere dalla durata del contratto.


La lett. b-bis) dell'art. 164 tratta la deducibilità dei costi delle auto assegnate in uso promiscuo ai dipendenti, stabilendo che:

1) non si applica alcun limite sul valore del veicolo;
2) si deducono i costi nella misura del 90%, percentuale ridotta al 70% con decorrenza 2013, ad opera della Legge Fornero.

I veicoli, tuttavia, devono essere assegnati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d'imposta. Al riguardo, le Entrate (si veda la Circ. n. 48/E del 1998, paragrafo 2.1.2.1) hanno precisato che:
- si considera dato in uso promiscuo al dipendente per la maggior parte del periodo di imposta il veicolo utilizzato dallo stesso per la metà più uno dei giorni che compongono il periodo d'imposta del datore di lavoro;
- non è necessario che l'uso promiscuo sia avvenuto in modo continuativo, quindi si possono alternare periodi di assegnazione a periodi diversi;
- non è richiesto che il veicolo sia stato utilizzato da un solo dipendente.

Se il veicolo è stato acquistato in corso d'anno, la prevalenza dell'assegnazione promiscua andrà valutata in relazione al periodo di possesso del bene. Ai fini di vincere eventuali contestazioni, l'utilizzo promiscuo da parte del dipendente deve essere provato in base ad idonea documentazione che ne attesti con certezza l'utilizzo; in tal senso, è certamente ammissibile il riferimento al contratto di lavoro, così come a successivi accordi intervenuti.

Nel caso di dipendente di un professionista o di uno studio professionale, la disciplina si applica senza considerare il limite numerico massimo dei veicoli (uno per ogni professionista, più quelli assegnati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo di imposta (in senso positivo si vedano anche le istruzioni al rigo RE19 di UNICO 2012 PF). La situazione non trova speculare applicazione nel caso dell'assegnazione promiscua agli amministratori, in relazione alla quale è opportuno verificare le indicazioni contenute nel paragrafo 10 della Circ. n. 5/E del 2001.

Qui il meccanismo è difforme, in quanto si devono identificare:
- la quota di costi del veicolo sino a capienza del reddito prodotto in capo all'amministratore per il benefit (o per l'importo riaddebitato con fattura);
- la quota di costi eccedenti.

Il primo importo trova deduzione completa, in quanto viene direttamente pareggiato da una imposizione in capo al soggetto utilizzatore; il secondo importo trova deduzione con le regole generali (40%, oppure 20%), poiché si ritiene di non assimilare la posizione del collaboratore a quella del dipendente.

Nei casi in cui un dipendente rivesta, per lo stesso periodo, anche la carica di amministratore, e che tale ufficio rientri nei compiti istituzionali compresi nell'attività di lavoro dipendente, i redditi percepiti in relazione a tale qualità sono attratti nel reddito di lavoro dipendente. In questo caso, poiché tutte le somme e i valori percepiti saranno qualificati e determinati come redditi di lavoro dipendente, si ritiene che, anche ai fini della deduzione dei costi dei veicoli da parte dell'impresa, trovino applicazione le disposizioni di cui all'art. 164 del T.U.I.R.


Come sopra accennato, le regole dell'art. 164 del T.U.I.R. hanno subìto due recenti restyling:
1) il primo ad opera delle legge n. 92/2012 (con decorrenza dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 18 luglio 2012): in quella sede si era ridotta la percentuale di deducibilità delle spese di cui alla lett. b), portandole dal 40% al 27,5%, oltre che la percentuale delle spese di cui alla lett. b-bis), portandole dal 90 al 70%;

2) il secondo ad opera della legge n. 228/2012 (con generica decorrenza dal 1° gennaio 2013): in quella sede si è ridotta la percentuale di deducibilità delle spese di cui alla lett. b), portandola al 20%.
Innanzitutto notiamo che su una medesima fattispecie, vale a dire le autovetture delle imprese (con esclusione degli agenti di commercio) e dei lavoratori autonomi, sono intervenute a distanza di poco tempo due differenti disposizioni, con l'effetto che la modifica della Legge Fornero (deduzione al 27,5%) di fatto non trova applicazione.

Infatti, ai sensi dell'art. 4, comma 73 della L. 28 giugno 2012, n. 92 (G.U. 3 luglio 2012, n. 153), le disposizioni si applicano a decorrere dal periodo di imposta successivo al quello in corso alla data del 18 luglio 2012, di entrata in vigore della legge; con la conseguenza che, nella generalità dei casi, la modifica della Legge di Stabilità «fagocita» quella della Legge Fornero. Si potrebbe forse ipotizzare che la percentuale del 27,5% trovi applicazione in casi di periodi di imposta iniziati dopo il 18 luglio 2012 e chiusi al 31 dicembre 2012, come potrebbe avvenire in ipotesi di operazioni straordinarie, oppure di società costituite dopo il 18 luglio.

Chiarita la corretta percentuale applicabile, in tema di ammortamento va rammentato che:

- la nuova misura ridotta si applica tanto agli automezzi acquisiti a decorrere dal 2013 che a quelli per i quali è già in corso il processo di ammortamento;

- la percentuale di rilevanza «nuova» del 20% va riferita non al costo, bensì alla quota, con la conseguenza che sarà ammessa in deduzione, nel corso del 2013, una porzione della quota di ammortamento stanziata, anche se, nelle annualità passate, si fosse già dedotto più del 20% del costo.

Peraltro, va segnalato che i contribuenti saranno chiamati ad un ulteriore adempimento nel corrente anno; infatti, la stessa legge n. 92/2012 (art. 4, comma 73) prevedeva che nella determinazione degli acconti dovuti per il periodo di imposta di prima applicazione (leggi, normalmente, il 2013) si assume quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata applicando le disposizioni modificative.

La Legge di Stabilità, inoltre, precisa che resta fermo quanto previsto dal comma 73 del citato art. 4 della legge n. 92 del 2012.

Ne deriva, dunque, che, salvo una differente interpretazione, gli acconti di imposta per l'anno 2013 dovranno essere computati rideterminando l'imposta teorica del 2012, come se si fossero dedotti i costi delle auto con le nuove misure del 27,5% e 70%; si noti che il richiamo al 27,5% (e non al 20%) non è un refuso, in quanto il riferimento letterale della disposizione evoca, proprio, la percentuale della Legge Fornero, nonostante la medesima sia di fatto non applicabile.


Il nuovo regime di deduzione dei costi auto, potrebbe indurre molti operatori a ritenere non più vantaggioso l'inserimento del veicolo in regime di impresa o di lavoro autonomo; il ragionamento, ovviamente, non si presta ad una applicazione alle posizioni individuali, quanto piuttosto ad un utilizzo per le strutture societarie.
Infatti, in quest'ultimo caso, si potrebbe utilizzare il meccanismo del rimborso chilometrico, ovviamente limitatamente al caso del veicolo del dipendente o del collaboratore/amministratore.

La scelta deve essere valutata sotto un profilo meramente economico e con una ottica di natura accertativa. Dal punto di vista economico, si dovranno mettere a raffronto due parametri: dal lato negativo la perdita del diritto alla detrazione del 40% dell'IVA assolta sull'acquisto e sulle spese di impiego e la perdita del risparmio fiscale sulle spese non deducibili (nella nuova misura del 20%), mentre dal lato attivo la possibilità di dedurre, con le sole limitazioni dell'art. 95, comma 3 del T.U.I.R.

Inoltre, se l'auto non è inserita in regime di impresa, verrebbe ad essere superata la questione dell'utilizzo del bene anche a titolo personale, con la conseguenza che non si dovrà presentare alcuna comunicazione obbligatoria, né ci si dovrà porre il problema della esistenza di un reddito diverso in capo all'utilizzatore (il problema, qui, si pone solo per le società di capitali, mentre per i soggetti IRPEF il meccanismo delineato dalla Circ. n. 36/E del 2012 normalmente azzera qualsiasi difficoltà).

Infine, acquisire l'auto a titolo personale determina la considerazione della stessa nel conteggio del redditometro del proprietario, anche se con le più miti conseguenze previste dal D.M. del 24 dicembre 2012; qui l'auto pesa in modo specifico per le spese del bollo e dell'assicurazione, mentre «entra» nel computo delle spese medie ISTAT (con impatto normalmente modesto) in relazione ai kilowatt del veicolo.
Se il veicolo, diversamente, fosse utilizzato in modo promiscuo, nel redditometro rileverebbe solo la quota delle spese non dedotte, quindi normalmente il veicolo peserebbe solo per l'80%, misura complementare rispetto al 20% normalmente deducibile.

Sembra un vero e proprio rebus enigmistico, la cui soluzione non può essere generalizzata ma ricercata caso per caso in relazione alla singola situazione del contribuente.

di Giovanni Valcarenghi e Sergio Pellegrino

mercoledì 20 marzo 2013

TFR - PAGA DIRETTAMENTE L'INPS: DOMANDE IN VIA TELEMATICA


L'INPS fornisce le istruzioni per la trasmissione in modalità telematica della domanda di erogazione diretta del TFR a carico del Fondo di tesoreria a favore dei lavoratori interessati.

La trasmissione della dichiarazione di incapienza da parte dell'azienda dovrà essere effettuata attraverso uno dei seguenti canali:

a) accedendo al sito Internet www.inps.it;
b) inviando un file telematico XML;
c) chiedendo il supporto informativo del call-center INPS, raggiungibile al numero 803.164 da rete fissa e al numero 06.164.164 da rete mobile.

I soggetti tenuti a presentare la dichiarazione di incapienza sono:

1) il datore di lavoro, ovvero un dipendente delegato dallo stesso;
2) i soggetti abilitati alla cura degli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti;
3) i responsabili delle procedure concorsuali e i responsabili della gestione dell'azienda in sostituzione del datore di lavoro.

L'identificazione del soggetto per l'accesso alla trasmissione della dichiarazione di incapienza avverrà tramite Pin.

In ogni caso fino ai primi giorni di agosto 2013 è previsto il periodo transitorio, durante il quale sarà possibile inviare le domande anche mediante i modelli cartacei.

PENSIONE DI VECCHIAIA: BASTANO 15 ANNI DI CONTRIBUTI


Si torna al passato: per le situazioni eccezionali salvate dal D.Lgs. n. 503/1992 e per le quali la pensione di vecchiaia matura con soli 15 anni di contributi al posto degli attuali 20, l'INPS conferma l'agevolazione che ha resistito in tutti questi anni, fino al 2011 e poi travolta dalla Riforma Fornero.

L'abolizione dei 15 anni è stata frutto di una interpretazione restrittiva imposta all'INPS dai Ministeri dell'economia e del lavoro; ma di fronte alle proteste degli interessati e delle forze sociali si è preferito tornare al passato piuttosto che percorrere il periglioso percorso dei ricorsi in magistratura.

Ecco le particolari categorie di lavoratori dipendenti ed autonomi che possono accedere, in deroga all'elevazione del requisito minimo contributivo, alla pensione di vecchiaia in presenza di un'anzianità contributiva minima di 15 anni anziché 20 ma ovviamente con le nuove età dettate dal 1° gennaio 2012.

A - Lavoratori che al 31 dicembre 1992 hanno maturato i requisiti di assicurazione e di contribuzione previsti dalla normativa previgente - I lavoratori dipendenti ed autonomi che al 31 dicembre 1992 abbiano maturato i requisiti di assicurazione e di contribuzione previsti dalla normativa previgente sono esclusi dall'elevazione dei requisiti di assicurazione e di contribuzione. Ai fini della maturazione dei requisiti in parola, sono utili tutti i contributi (obbligatori, figurativi, volontari, da riscatto e da ricongiunzione) riferiti temporalmente a periodi anteriori al 1° gennaio 1993. I contributi figurativi, da riscatto e da ricongiunzione riferiti a periodi che si collocano entro il 31 dicembre 1992 devono essere valutati anche se riconosciuti a seguito di domanda successiva a tale data.

B - Lavoratori ammessi alla prosecuzione volontaria in data anteriore al 31 dicembre 1992 - L'elevazione dei requisiti di assicurazione e di contribuzione non opera nei confronti dei lavoratori dipendenti ed autonomi ammessi alla prosecuzione volontaria da data anteriore al 31 dicembre 1992. Per la deroga è necessario che la decorrenza dell'autorizzazione alla prosecuzione volontaria si collochi entro la data del 26 dicembre 1992. Non è invece richiesto che l'assicurato ammesso alla prosecuzione volontaria abbia anche effettuato versamenti anteriormente alla predetta data.

C - Lavoratori dipendenti che possono far valere un'anzianità assicurativa di almeno 25 anni e risultano occupati per almeno 10 anni per periodi di durata inferiore a 52 settimane nell'anno solare - L'elevazione dei requisiti di assicurazione e di contribuzione non opera nei confronti dei lavoratori dipendenti che possono far valere un'anzianità assicurativa di almeno 25 anni e risultano occupati per almeno 10 anni, anche non consecutivi, per periodi di durata inferiore a 52 settimane nell'anno solare (art. 2, comma 4, del decreto n. 503). Il requisito dei 25 anni di anzianità assicurativa e quello dei 10 anni con periodi di occupazione di durata inferiore a 52 settimane nell'anno solare possono essere maturati anche successivamente al 31 dicembre 1992.

La deroga in parola non opera nei confronti dei lavoratori occupati per l'intero anno ai quali venga attribuito, per l'anno solare, un numero di contributi settimanali inferiore a 52, per effetto delle disposizioni vigenti in materia di accreditamento dei contributi ai fini del diritto alle prestazioni pensionistiche.

D - Lavoratori dipendenti che possono far valere al 31 dicembre 1992 un periodo di assicurazione e di contribuzione inferiore ai 15 anni previsti dalla previgente normativa - Per i lavoratori dipendenti che abbiano maturato al 31 dicembre 1992 un'anzianità assicurativa e contributiva tale che, anche se incrementata dei periodi intercorrenti tra il 1° gennaio 1993 e la fine del mese di compimento dell'età per il pensionamento di vecchiaia, non consentirebbe di conseguire i requisiti assicurativi e contributivi richiesti dal decreto n. 503 nell'anno di compimento dell'età pensionabile, i requisiti stessi sono ridotti fino al limite minimo di 15 anni previsto dalla previgente normativa.

In pratica il numero dei contributi richiesti par tali lavoratori è pari alla somma delle settimane di contribuzione maturate fino al 31 dicembre 1992 e delle settimane di calendario comprese tra il 1° gennaio 1993 e la fine del mese di compimento dell'età pensionabile.

Tutto ciò si applica anche per gli iscritti al fondo delle Ferrovie di Stato, al fondo delle Poste, alle gestioni ex INPDAP ed ex ENPALS, secondo le specifiche normative di riferimento.

Ora gli uffici INPS sono tenuti a rivedere le domande di pensione respinte perché l'interessato non ha raggiunto i 20 anni di contributi.

lunedì 20 febbraio 2012

Cud 2012


Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate del 16 gennaio 2012 è stato approvato lo schema di certificazione unica «CUD 2012», che i sostituti d'imposta devono consegnare, in duplice copia, ai propri sostituiti entro il 28 febbraio prossimo, certificando i compensi corrisposti nel 2011

Relativamente al CUD ricordiamo che, in caso di cessazione del rapporto di lavoro e solo se il percipiente ne fa espressa richiesta, il comma 6-quater dell'art. 4 del D.P.R. n. 322/1998 prevede che la certificazione sia consegnata entro 12 giorni dalla data della richiesta stessa.

Per quanto attiene alle modalità di consegna, la stessa può avvenire:

1) a mano (salvo sottoscrizione per ricevuta);
2) con raccomandata A/R (in quanto lascia prova dell'avvenuta consegna);
3) con modalità elettronica (Ris. Ag. Entrate n. 145 del 21 dicembre 2006) a condizione che il sostituto si accerti che il sostituito è nelle condizioni di poter ricevere in via elettronica la certificazione).

Di conseguenza, la certificazione può essere consegnata in tale modalità solo nei confronti di quei soggetti che sono dotati degli strumenti necessari per ricevere e stampare la certificazione e deve essere esclusa, ad esempio, nei confronti degli eredi ovvero quando il dipendente abbia cessato il rapporto. È onere del datore di lavoro accertarsi che il dipendente si trovi nelle condizioni di poter ricevere la certificazione in formato elettronico.

Di seguito si riepilogano alcune delle regole generali relative alla compilazione della certificazione unica, nonché le principali novità del CUD 2012 - Redditi 2011, rispetto al modello dello scorso anno.

REGOLE GENERALI

La Certificazione unica datori (CUD) ha la funzione di certificare in modo unitario i redditi fiscalmente imponibili e le relative ritenute, nonché la retribuzione imponibile previdenziale.

Il modello è generalmente uno solo, anche se il lavoratore, nel corso dell'anno, ha svolto più rapporti di lavoro con lo stesso sostituto oppure ha percepito diverse tipologie di reddito, quali, ad esempio, redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati, così come definiti dall'art. 50 del T.U.I.R. (borse di studio, compensi per tirocini formativi o stages, assegno alimentare dovuto all'ex coniuge, ecc.).

Il sostituto d'imposta, infatti, in sede di conguaglio di fine anno o di fine rapporto, deve prendere in considerazione tutti i redditi di lavoro dipendente e/o assimilato da lui stesso corrisposti nel periodo d'imposta, anche se relativi a più rapporti (cfr. Circ. n. 326/1997 dell'Agenzia delle entrate).

Se ad esempio, il lavoratore ha avuto con lo stesso datore di lavoro più rapporti di lavoro a tempo determinato o indeterminato nel corso dell'anno, quest'ultimo, in sede di conguaglio, deve considerare i redditi corrisposti in ciascun rapporto, indipendentemente dalla richiesta del lavoratore e di conseguenza consegnare al sostituito un unico modello CUD.

Il CUD è una certificazione e non un modello ufficiale.

Questo significa che il sostituto può utilizzare uno stampato che contenga solo le caselle relative agli importi che devono esse certificati, purché siano esposti nelle sequenza prevista nel modello approvato con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate e con l'esatta indicazione del numero progressivo e della denominazione. Possono, quindi, non essere riportati il numero progressivo e la denominazione dei campi non compilati.

Dati relativi al datore di lavoro - Novità: Ricezione telematica mod. 730/4



Nella prima sezione del modello, il sostituto di imposta che rilascia la certificazione deve riportare, oltre ai propri dati identificativi ed al proprio codice fiscale, anche l'indirizzo completo (comune, sigla della provincia, C.A.P., via, numero civico, telefono, fax e indirizzo di posta elettronica) della propria sede (e non quella di altri soggetti, quali ad esempio, quello incaricato della tenuta della contabilità) al quale devono pervenire le comunicazioni (mod. 730-4) relative alla liquidazione dei modelli 730.

Novità: Ricezione telematica dei modelli 730/4: Comunicazione entro il 31 marzo 2012

Le istruzioni alla compilazione del CUD 2012 ricordano che è terminata la fase sperimentale della ricezione telematica del risultato finale delle dichiarazioni (mod. 730-4). Da quest'anno, quindi, entra a pieno regime la procedura del flusso telematico che prevede l'obbligo per i sostituti d'imposta della ricezione in via telematica tramite l'Agenzia delle entrate dei 730-4 dei dipendenti che hanno richiesto assistenza fiscale a un CAF o a un professionista abilitato.

Il CAF o il professionista abilitato che hanno elaborato i modelli 730, quindi, comunicheranno i dati relativi al risultato finale delle dichiarazioni (mod. 730-4) non più direttamente al sostituto d'imposta ma all'Agenzia delle entrate, la quale provvederà successivamente ad inviarli telematicamente al sostituto d'imposta. La ricezione dei dati può essere attuata direttamente presso la sede telematica del sostituto d'imposta oppure tramite un intermediario incaricato.

I sostituti non ancora in possesso di abilitazione telematica devono inviare, entro il 31 marzo 2012, all'Agenzia delle entrate l'apposita comunicazione per indicare l'indirizzo telematico dell'intermediario delegato alla ricezione dei modelli 730-4. La comunicazione deve essere inviata anche dai sostituti utenti Fisconline o Entratel, per indicare il proprio indirizzo telematico o quello dell'intermediario che intendono delegare.

Codice sede

Qualora il sostituto di imposta, per proprie esigenze organizzative, intenda gestire separatamente gruppi di dipendenti, può facoltativamente indicare, nella casella «codice sede», un codice identificativo per ciascuna gestione. Tale codice, autonomamente determinato dal sostituto deve essere costituito esclusivamente da valori numerici compresi tra il valore 001 ed il valore 999. 

Il predetto codice, riportato nel 730-4 messo a disposizione del sostituto, costituisce un elemento identificativo della gestione di appartenenza del dipendente al fine dello svolgimento delle operazioni di conguaglio.

Parte A - Dati generali - Dati relativi al dipendente - Novità: Annotazione BO nel caso di detrazione per figli a carico fruita al 100% dal genitore affidatario


Dati dei familiari a carico: Annotazione BO anche nel caso di detrazione al 100% per affidamento dei figli



Come gli anni scorsi, le istruzioni prevedono l'indicazione dei dati relativi ai familiari che nel 2011 sono stati fiscalmente a carico del sostituito ai fini della corretta verifica dell'attribuzione delle detrazioni.

Nelle annotazioni (cod. BO) per ogni familiare dovrà essere indicato: il grado di parentela (indicando «C» per coniuge, «F1» per primo figlio, «F» per figli successivi al primo, «A» per altro familiare, «D» per figlio portatore di handicap); il codice fiscale; il numero dei mesi a carico; figlio di età inferiore ai tre anni e numero dei mesi in cui ha avuto un'età inferiore ai tre anni; percentuale di detrazione spettante e percentuale di detrazione spettante per famiglie numerose.

Nel caso in cui al primo figlio spetti la detrazione per coniuge a carico per l'intero anno, va indicata, come percentuale di detrazione spettante, la lettera «C». Se tale detrazione non spetta per l'intero anno, occorre compilare per lo stesso figlio due volte le annotazioni, esponendo sia la detrazione spettante come figlio che quella come coniuge.

NOVITà: La novità di quest'anno è rappresentata dal fatto che nel caso di separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, nelle annotazioni, va indicato se si è usufruito della detrazione del 100% per figli a carico.

L'art. 12, comma 1, lett. c) del T.U.I.R (D.P.R. n. 917/1986) prevede, infatti, che in caso di separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, la detrazione spetta al 100% al genitore affidatario, a meno che non sia stato stipulato un accordo di tipo diverso, al fine di ripartire la detrazione nella misura del 50% ovvero di attribuire l'intera detrazione al genitore che ha il reddito più elevato e che in caso di affidamento congiunto o condiviso, la detrazione è ripartita al 50% tra i genitori, a meno che non sia stato stipulato un accordo di tipo diverso, al fine di attribuire l'intera detrazione al genitore che ha il reddito più elevato (Cfr. Ag. Entrate, Circ. n. 15/E del 16 marzo 2007).

Parte B - Dati fiscali



Punto 1 - «Redditi per i quali è possibile fruire della detrazione di cui all'art. 13, commi 1, 2, 3, e 4 del T.U.I.R.»

In questo punto, va indicato il totale dei redditi di lavoro dipendente, equiparati e quelli assimilati per i quali è possibile fruire della detrazione di cui all'art. 13, commi 1, 2, 3 e 4 (questi ultimi due commi, per i redditi di pensione).

Come di consueto, l'importo da esporre deve essere:

- Al netto degli oneri deducibili di cui all'art. 10, evidenziati, nella sezione «Altri dati», ai punti 120 e 127 (quali, ad esempio, nel punto 120, i contributi versati alla Previdenza Complementare).

- Al lordo di redditi corrisposti da altri sostituti, se il contribuente ha chiesto di effettuare il conguaglio complessivo. In tal caso andrà compilato anche il punto 204 della sezione «Dati relativi ai conguagli», per indicare il dettaglio di quanto corrisposto dal precedente sostituto.

- Pari alle retribuzioni convenzionali per i redditi di lavoro dipendente prodotti all'estero e determinati ai sensi del comma 8-bis dell'art. 51 del T.U.I.R.

NOVITÀ: Punto 1 - Al netto del contributo di solidarietà

Una novità di quest'anno è rappresentata dal fatto che l'importo da esporre al punto 1 deve essere:
al netto del contributo di solidarietà di cui all'art. 2, comma 2, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 convertito con modificazioni dalla L. 14 settembre 2011, n. 148, evidenziato al punto 136 della sezione «Altri dati».
A decorrere dal 1° gennaio 2011 e fino al 31 dicembre 2013, qualora il reddito complessivo sia superiore a 300.000 euro, è dovuto un contributo di solidarietà del 3% sulla parte di reddito che eccede il predetto importo di 300.000 euro.

Ai fini della determinazione dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, il contributo di solidarietà è deducibile dal reddito complessivo prodotto nello stesso periodo d'imposta cui si riferisce il contributo di solidarietà medesimo.

La previsione di deducibilità dal reddito del contributo di solidarietà, comporta, come conseguenza, che l'effettivo prelievo fiscale aggiuntivo, rispetto alle ordinarie aliquote, sia inferiore al 3%, in quanto, trattandosi di contribuenti la cui aliquota marginale si attesta al 43%, gli stessi avranno un risparmio del 43% sulla parte del contributo del 3% deducibile dal reddito.

Per quanto riguarda i redditi di lavoro dipendente e «assimilati», il D.M. 21 novembre 2011 (G.U. n. 276 del 26 novembre 2011), ha stabilito che deve essere il sostituto d'imposta, all'atto dell'effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno, a determinare il contributo di solidarietà e a riconoscere la deduzione dell'importo trattenuto a titolo di contributo di solidarietà.

L'importo relativo al contributo di solidarietà è trattenuto in unica soluzione nel periodo di paga in cui sono svolte le predette operazioni di conguaglio di fine anno ed è versato nei termini e secondo le modalità ordinarie dei versamenti delle ritenute, con il codice tributo «1618», appositamente istituito dall'Agenzia delle entrate con la Ris. n. 4/E del 9 gennaio 2012.

Punti 136 e 137 - Contributo di solidarietà e contributo di solidarietà sospeso - Annotazione BY



Nel punto 136 della sezione «Altri dati» va indicato, poi, l'importo trattenuto dal sostituto d'imposta a titolo di contributo di solidarietà ex art. 2, comma 2, del D.L. n. 138/2011, convertito nella legge n. 148/2011, ed applicabile sulla parte eccedente i 300.000 euro.

Nel caso di cessazione di rapporto di lavoro nel corso del 2011 (quindi prima delle operazioni di conguaglio di fine anno, durante le quali, come previsto dal D.M. 21 novembre 2011, il datore doveva determinare l'ammontare del contributo di solidarietà), il sostituto d'imposta è tenuto ad evidenziare nelle annotazioni (cod. BY) del CUD 2012, che il contribuente è obbligato alla presentazione della dichiarazione dei redditi al fine di auto- liquidare il contributo di solidarietà.

Nel punto 137 della sezione «Altri dati» va indicato, infine, l'importo del contributo di solidarietà non operato per effetto delle disposizioni emanate a seguito degli eventi eccezionali già ricompreso nel punto 136.

Novità: Punto 1 - Comprensivo della quota di TFR e altre indennità eccedenti il milione di euro - Annotazione BZ



Altra novità è rappresentata dal fatto che l'importo da esporre al punto 1 deve essere:

- al lordo dell'importo delle indennità di fine rapporto di cui all'art. 17, comma 1, lett. a) e c) del T.U.I.R. eccedente il milione di euro, da assoggettare a tassazione ordinaria, in base a quanto previsto dall'art. 24, comma 31, del D.L. n. 201/2011, convertito con modificazioni dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214.
Nelle annotazioni (cod. BZ) deve essere indicato l'ammontare eccedente il milione di euro, assoggettato a tassazione ordinaria, nonché l'ammontare delle singole indennità corrisposte.

Si tratta della nuova previsione normativa introdotta, come detto, dall'art. 24, comma 31, del cd. «Decreto Salva Italia» (D.L. n. 201/2011), il quale ha disposto che alle quote delle indennità di fine rapporto di cui all'art. 17, comma 1, lett. a) (TFR e altre indennità) e c) (Indennità per cessazione di collaborazioni coordinate e continuative), del T.U.I.R., complessivamente eccedente il milione di euro, non si applica il regime di tassazione separata previsto dall'art. 19 dello stesso T.U.I.R., bensì la tassazione ordinaria, in quanto tale importo concorre alla formazione del reddito complessivo. La norma prevede anche che tali disposizioni si applicano, in ogni caso, a tutti i compensi e indennità a qualsiasi titolo erogati agli amministratori delle società di capitali e che inoltre, in deroga all'art. 3 della L. 23 luglio 2000, n. 212, tali disposizioni si applicano con riferimento alle indennità ed ai compensi il cui diritto alla percezione è sorto a decorrere dal 1° gennaio 2011.

Novità: Punto 1 - Abbattimento del reddito per i lavoratori rientrati in italia ai sensi della legge n. 238/2010 - Annotazione BM



Altra novità è dovuta agli incentivi fiscali previsti dalla legge n. 238/2010, sotto forma di minore imponibilità del reddito, per il rientro in Italia dei lavoratori individuati dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 3 giugno 2011. Le modalità di effettuazione della richiesta da parte dei lavoratori dipendenti al datore di lavoro, ai fini del riconoscimento dei benefici fiscali connessi al rientro in Italia, sono stati disciplinati dal provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate del 29 luglio 2011.

Per tali lavoratori è previsto un abbattimento della base imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche pari all'80% per le lavoratrici e al 70% per i lavoratori. I sostituti d'imposta, quindi, operano le ritenute sulla base imponibile delle somme e dei valori di cui all'art. 51 del T.U.I.R., corrisposti dal periodo di paga successivo al ricevimento della richiesta, ridotta al 20% per le lavoratrici e al 30% per i lavoratori.

Nel punto 1, quindi, deve essere indicato rispettivamente:

- il 20% oppure
- il 30% dei redditi corrisposti ai lavoratori dipendenti, in possesso dei requisiti previsti, che hanno richiesto di fruire del beneficio fiscale previsto dall'art. 3 della legge n. 238/2010.
Nelle annotazioni, inoltre, con il cod. BM, va indicato l'ammontare complessivo delle somme che non hanno concorso a formare il reddito imponibile (80% o 70% dell'ammontare erogato).

Novità: Punto 22 - Restituzione della differenza derivante dalla riduzione dell'acconto IRPEF (D.P.C.M. 21 novembre 2011) - Annotazioni BQ e CB
Le novità relative alla compilazione del punto 22 sono dovute al differimento del versamento di 17 punti percentuali dell'acconto IRPEF dovuto per il periodo d'imposta 2011, come stabilito dal D.P.C.M. 21 novembre 2011 (G.U. n. 275 del 25 novembre 2011).

I sostituti d'imposta che non hanno potuto tener conto di tale differimento, in quanto avevano già elaborato le buste paga del mese di novembre senza ridurre la percentuale del 2° acconto derivante dai mod. 730/4, dovevano restituire le maggiori somme trattenute con le retribuzioni del mese di dicembre 2011, ovvero nel mese successivo, come previsto dal comunicato stampa del Ministero dell'economia e delle finanze del 23 novembre 2011.

Nel punto 22 - «Secondo o unico acconto IRPEF trattenuto nell'anno» - va indicato, quindi, l'importo del secondo o unico acconto relativo all'IRPEF effettivamente trattenuto. Nel caso in cui le restituzioni sono state effettuate nei mesi di dicembre e gennaio, nel punto 22 va indicato l'importo del secondo o unico acconto trattenuto al netto delle restituzioni effettuate.

Il sostituto, inoltre, deve compilare le annotazioni, indicando il codice BQ o il codice CB nel caso ha provveduto alla riduzione dell'acconto nei termini previsti, rispettivamente, dal D.P.C.M. 21 novembre 2011 (ovvero a novembre o dicembre 2011) o dal comunicato stampa del Ministero dell'economia e delle finanze del 23 novembre 2011 (ovvero a gennaio 2012).



Punti 122, 123 e 124 - Contributi previdenza complementare lavoratori di prima occupazione
Per i lavoratori di prima occupazione (da intendersi come prima data di iscrizione a una qualsiasi forma di previdenza obbligatoria) successiva alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 252/2005, ossia 1° gennaio 2007, è previsto un particolare regime di deducibilità dei contributi versati alla previdenza complementare.

Per questi lavoratori, secondo quanto stabilito dall'art. 8, comma 6 del D.Lgs. n. 252/2005, «limitatamente ai primi cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari, è consentito, nei venti anni successivi al quinto anno di partecipazione a tali forme, dedurre dal reddito complessivo contributi eccedenti il limite di 5.164,57 euro pari alla differenza positiva tra l'importo di 25.822,85 euro e i contributi effettivamente versati nei primi cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche e comunque per un importo non superiore a 2.582,29 euro annui».

Come di recente ricordato dall'Agenzia delle entrate nella Ris. n. 131/2011, al fine di incentivare l'iscrizione alla forme pensionistiche complementari dei lavoratori di prima occupazione successiva al 1° gennaio 2007, l'art. 6, comma 6 del D.Lgs. n. 252/2005 consente loro, in caso di versamenti di contributi di importo inferiore al limite di euro 5.164,57 nei primi cinque anni di partecipazione alla previdenza complementare, di conservare l'importo residuo delle deduzioni annuali di cui non si sono avvalsi e di utilizzare il plafond così accumulato entro i venti anni successivi. In pratica, la disposizione normativa prevede una prima fase in cui, in ciascuno dei primi cinque anni di partecipazione a una forma di previdenza complementare, la differenza tra l'importo dei contributi versati e il limite annuale di deducibilità, pari a euro 5.164,57, non è definitivamente persa, ma contribuisce a formare un ulteriore plafond di deducibilità, da utilizzare entro i venti anni successivi.

Per i lavoratori cosiddetti di «prima occupazione» e che nel 2007 si sono iscritti a un fondo di previdenza complementare, nel 2012 inizia la seconda fase, ossia il sesto anno dal quale possono iniziare a fruire del plafond di deduzione non fruita nei primi cinque anni.



Nel punto 122 - «Versati nell'anno» - va indicato l'importo complessivo dei contributi versati nell'anno dal lavoratore di prima occupazione e dal datore di lavoro alle forme pensionistiche complementari.
Nel punto 123 - «Importo totale» - va indicato l'importo complessivo dei contributi dedotti nell'anno e negli anni precedenti, limitatamente ai primi cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari a fronte dei contributi complessivamente versati nel quinquennio, dal lavoratore di prima occupazione e dal datore di lavoro.

Come gli anni precedenti, le istruzioni precisano che i punti 122 e 123 devono essere sempre compilati anche se per il lavoratore di prima occupazione è stato indicato al punto 8 della parte A «Dati generali» un valore diverso da 3.

La novità di quest'anno è rappresentata dal fatto che le istruzioni precisano che nel caso di cessazione del rapporto di lavoro nel corso del 2012, relativamente ai lavoratori di prima occupazione, per i quali è maturato il diritto di usufruire della deduzione dal reddito complessivo dei contributi pari alla differenza tra l'importo di 25.822,85 euro e quelli effettivamente dedotti nei primi cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche, nel punto 124 - «Differenziale» - va indicato l'ammontare di tali contributi. Questo può avvenire, chiaramente, nell'ipotesi in cui il sostituto, come previsto dal comma 6-quater dell'art. 4 del D.P.R. n. 322/1998 sia tenuto a consegnare la certificazione entro 12 giorni dalla data della richiesta espressa del dipendente che ha cessato il rapporto, utilizzando il CUD 2012 per certificare i redditi del 2012.

Nelle annotazioni, inoltre, con il codice CA, deve essere indicato l'importo del differenziale residuo nonché il numero degli anni residuo.





(D.P.R. n. 917/1986)
(D.L. n. 138/2011, art. 2, comma 2)
(D.L. n. 201/2011, art. 24, comma 31)
(D.Lgs. n. 252/2005)
(Ris. Ag. Entrate n. 131/2011)
(Provv. Dir. Ag. Entrate 29 luglio 2011)
(Provv. Dir. Ag. Entrate 16 gennaio 2012)

di Alessandra Gerbaldi